Rodari freestyle: storie, errori e muffe filosofiche

Alloggiare alla Guest House Seme di Faggio di Masino è sempre un’esperienza rigenerante, ma quella mattina mi sono svegliata con un’esplosione di creatività che doveva trovare una via d’uscita. E quale posto migliore per liberarla se non il Parco della Fantasia di Gianni Rodari a Omegna? Questo angolo incantato, dedicato alla memoria e all’opera del grande scrittore, sembra progettato per risvegliare il bambino che è in noi e per stimolare la fantasia a qualsiasi età.

Recupero l’auto e in venti minuti sono già a destinazione, pronta a esplorare un luogo dove la realtà e l’immaginazione si fondono in un tutt’uno, dove le parole prendono vita e i sogni si trasformano in storie. Il sole batte forte su Omegna, ma non quanto la felicità che si respira nell’aria, quella dei bambini e, lo ammetto, anche la mia. Eccomi qui, con gli occhi sgranati davanti al “Binomio Fantastico”. Mi sento già un po’ fuori luogo… ma con stile. Mi avvicino all’area laboratori, dove scopro che si fa storytelling. La mia prima reazione? “Ma una volta non si chiamava semplicemente raccontare una storia?” Ma va bene, restiamo al passo con i tempi.

Partecipiamo al “Laboratorio itinerante di storie interattive”. La guida ci invita a reinventare una favola di Rodari. Ovviamente, non resisto. Decido di inserire un alieno a forma di lampadina gigante, che parla solo in dialetto bolognese e ogni tanto lancia salse da cucina. Chiedo se va bene. La guida mi guarda perplesso, poi sorride e dice: “Certo, tutto è possibile nel mondo di Rodari!” Perfetto, penso. Un’altra delle mie idee strampalate ha trovato casa.

Poi mi immergo nell’ “Officina delle Filastrocche”. Qui mi sento un po’ come Eminem che incontra Perrault. Il flow serrato si addolcisce, si trasforma in una ninna nanna che culla nel caos. “C’era una volta un rapper bello e storto, che di rime faceva il suo orto.” Suona come una critica a un disco rap? No, è solo Rodari che fa il suo effetto.

A questo punto, mi infilo nel “Paese degli Errori”, uno spazio dove gli errori vengono celebrati come fossero opere d’arte contemporanea. Qui i bambini devono risolvere enigmi “sbagliati”, ma in fondo lo sappiamo, io negli errori ci vivo. Mi propongono di risolvere un indovinello e rispondo, sicura di me: “17”. La guida rimane un po’ confusa e dice: “Ma la domanda era: quanti pianeti ha il sistema solare?” Non mi lascio scoraggiare e rispondo che 17 è giusto… se conti anche quelli che stanno ancora parcheggiando.

Ecco, è proprio qui che mi sento a casa. Gli errori sono il mio habitat naturale, il terreno fertile da cui far germogliare la critica e la riflessione. “Cappuccetto Rosso incontra il lupo vegano nel metaverso” potrebbe tranquillamente diventare il prossimo tormentone estivo. Chi lo sa?

Arrivano le 15:00, ed è il momento dello “spettacolo teatrale”. Mettono in scena C’era due volte il barone Lamberto. Gli attori sono bravi, i bambini sono coinvolti, ma io sono perplessa: nessuno di loro si chiede perché c’era due volte e non tre? Proporrei subito una trilogia! Alla fine mi invitano sul palco per improvvisare una parte. È il mio momento di gloria! Invento un monologo sulla vita delle muffe che crescono sul pane dimenticato nel cassetto. Applausi o disagio? Non ne ho idea.

Il Parco della Fantasia è un posto dove puoi essere creativo, divertente e anche un po’ assurdo. Cosa ne penso? Beh, se non si fosse capito, lo adoro. È un luogo dove posso dire qualsiasi cosa mi passi per la testa senza che nessuno mi guardi storto. Sì: Rodari aveva capito tutto della vita.

E così, alla fine della giornata, tra alieni dialettali, pianeti in parcheggio e riflessioni filosofiche sulle muffe, sono sconvolta, rinata, ispirata. È come se avessi fatto una session di freestyle con lo stesso Rodari. Torno a Seme di Faggio con la testa piena di rime e di storie, pronta a creare roba più surreale che si sia mai vista.

Alla fine, che tu sia un bambino o un artista disilluso, Rodari ti prende, ti scuote e ti fa tornare al punto di partenza, confuso. Ma è una confusione creativa, un caos che genera nuovi universi. Come la musica, come la vita, come questi versi che state leggendo.

Il messaggio è chiaro: cercate Rodari, trovate il bambino che è in voi. Perché solo giocando con le parole si diventa veramente artisti, veramente liberi. La fantasia al potere, certo, ma sempre con un pizzico di ironia. Perché senza il sorriso, anche la rivoluzione più seria rischia di diventare una gran fesseria.

In fondo, cos’è l’arte se non un eterno gioco di parole, suoni e significati? E chi meglio di Rodari può insegnarci a giocare con serietà e a essere seri giocando? Forse, alla fine di questo viaggio, ho capito che la vera ribellione sta nel saper essere bambini in un mondo di adulti troppo seri.

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