La luce che sprechiamo: un viaggio nel risparmio energetico

Sono partita da Miasino stamattina, con l’aria che ancora sa di bosco e i lampioni che smettono di bisbigliare alle strade vuote. Prendo uno dei tanti sentieri che scendono verso il lago, attraversando prima Ameno, dove il tempo sembra mettersi il piede in pancia e dire “non ho fretta.” Case di pietra, cortili segreti, finestre accese ma giuste. Non c’è spazio per l’overdose di luce.

Il lago come maestro del risparmio energetico

Arrivo al lago d’Orta, mi fermo su una panchina e lui, il lago, è lì a insegnarci come si risparmia energia: sta fermo, riflette il mondo senza rubargli niente. Noi invece, accendiamo lampadine come se la notte ci facesse paura. Il frigo è sempre aperto, la città è sempre accesa come se non fosse mai ora di spegnere, nemmeno un secondo. Dicono che “più luce, più controllo”, ma poi ci guardiamo allo specchio e vediamo solo occhi spenti.

Un’ora senza luci inutili: qualcosa può cambiare

E se oggi smettessimo di accendere cose che non servono? Un’ora senza schermi, senza luci inutili, senza quel rumore elettrico che ci fa scivolare via i pensieri. Forse scopriremmo che il risparmio energetico non è solo un favore alla bolletta, ma pure un modo per riaccendere qualcosa dentro di noi.

Risparmiare energia è anche un’arte della vita

Il lago d’Orta riflette il cielo senza rubargli niente. E noi? Noi siamo un po’ meno eleganti. Non solo con la corrente elettrica, ma con tutto il resto: con il fiato che sprechiamo a lamentarci, con i passi inutili tra un’idea e l’altra senza mai deciderci a camminare davvero, con le parole che buttiamo come luci accese in stanze vuote. Risparmiare energia, quindi, è scegliere a chi e a cosa dare la nostra attenzione, perché la concentrazione è come la batteria del telefono: se la sprechi su cose che non ti cambiano, quando arriva qualcosa che conta sei già scarico.

Anche il cervello ha bisogno di stop, ma si riempie di pubblicità, discussioni sterili e drammi usa-e-getta. Sprecare meno vuol dire anche stare zitti quando non c’è bisogno di parlare, smettere di rincorrere sogni che non sono nostri, spegnere distrazioni, accendere idee.

Il turismo sostenibile: meno spreco, più valore

Il lago sta lì, paziente: guarda la gente che passa, sempre di corsa. Io resto ancora un po’, magari imparo qualcosa.

Se il lago potesse parlare, probabilmente riderebbe di noi. Sempre di fretta, sempre a cercare scorciatoie che poi ci fanno perdere più tempo. Lui no. Lui si lascia attraversare senza resistere, senza cercare di fare di più di quello che è: acqua che respira, riflesso che cambia con la luce.

Eppure, noi nel frattempo ci siamo inventati il turismo sostenibile, che detta così sembra quasi una moda, ma in realtà è solo il buon senso di sempre con un nome nuovo. È l’idea che viaggiare non debba per forza significare lasciare dietro di sé una scia di plastica e rumore. È arrivare in un posto e adattarsi al suo ritmo, senza imporgli il nostro.

Ad esempio, stamattina sono partita a piedi da Miasino. Non perché sia una guru della sostenibilità, ma perché se prendi la macchina per fare due chilometri tra i boschi poi ti perdi il rumore delle foglie sotto le scarpe e il profumo della terra umida. E magari non noti neanche il vecchio cartello in legno che indica un sentiero dimenticato.

Sostenibilità, in fondo, è questo: viaggiare leggero, consumare meno, godersi di più. Spegnere il GPS e perdersi un po’.

Se poi tutto questo aiuta anche il pianeta, meglio. Ma la verità è che aiuta prima di tutto noi. Perché rallentare, ogni tanto, è il miglior risparmio energetico che possiamo concederci (e permetterci).

Il viaggio di ritorno verso Miasino è tutto in salita, ma il bello è anche questo: il lago resta alle spalle come un’eco tranquilla, mentre il sentiero riporta piano piano verso l’alto, tra il verde che cambia colore con il passare delle ore. La luce del tramonto filtra tra i rami e si appoggia sui muri di pietra delle case, sulle insegne in ferro battuto, sulle finestre che sembrano lenti graduate, per miopi ed astigmatici.

Il soggiorno che risparmia energia

Arrivo alla Guest House Seme di Faggio, che respira insieme alla montagna. Pietra antica e legno, materiali che non hanno bisogno di urlare, ma che restano lì, solidi. Dentro l’aria è fresca senza bisogno di aria condizionata, perché certe cose, quando sono fatte bene, funzionano da sole. E ci stai bene subito. È un posto che ti accoglie senza fare troppo, senza caricare i sensi con stimoli inutili. Un po’ come il turismo sostenibile: meno spreco, più valore. Ti siedi, ti rilassi, magari con un bicchiere di vino, e capisci che non serve altro.

E se poi hai voglia di esplorare, basta uscire. Ci sono sentieri che salgono verso il Mottarone, panorami che ti prendono alla sprovvista. Ma anche se non fai niente di tutto questo, va bene lo stesso. Perché il bello di un posto così è che non devi fare sempre qualcosa. Puoi semplicemente lasciarlo scorrere.

Quindi, se senti il bisogno di spegnere il superfluo e accendere il necessario, sai dove trovarci. Prenota il tuo soggiorno al Seme di Faggio e concediti un’energia che non si consuma, ma si rigenera.

×